Il Rapporto 2021 sul dissesto idrogeologico in Italia pubblicato ad inizio mese fornisce un quadro ampiamente ipotizzato da tecnici e addetti ai lavori.

Gli anni di urbanizzazione selvaggia e intemperante, oltre agli innumerevoli interventi di cementificazione senza regole, hanno sicuramente caratterizzato alcuni territori, causando anche lo scombussolamento del territorio.
Per quanto riguarda la popolazione a rischio frane, Racale ha un pericolo maggiore rispetto agli altri tre comuni confinanti (Alliste, Melissano e Taviano).

A Racale sono 146 – secondo i dati Ispra – gli abitanti inseriti in una fascia di pericolosità di terzo livello; dodici invece i residenti inquadrati in un livello di pericolosità quattro (il più elevato). Colore giallo per Alliste e Melissano: nel primo caso sono 69 le cittadine e cittadini inseriti in area p3, con 19 abitanti inseriti in area p4; nel secondo comune, invece, 61 in area p3 e uno solo in area p4, la fascia più elevata per rischio.

Molto bene Taviano col suo territorio colorato, sulla cartina, di colore verde: da Ispra nessun abitante inserito nelle aree p4, p3, p2 e p1. E popolazione in aree di attenzione pari a zero.

I colori dei Comuni per la popolazione a rischio frane (Ispra)

“Il territorio della provincia di Lecce – ha commentato il prof. Stefano Margiotta, geologo ed esperto in pianificazione territoriale – è particolarmente sensibile alle calamità idrogeologiche. In assenza di una vera e propria idrografia superficiale e data la natura morfologica del terreno, per larghi tratti pianeggiante e carsica, gli allagamenti sono solo in alcuni casi l’effetto di esondazioni per piene ma piuttosto il risultato di progressivi accumuli al suolo di acque meteoriche, in più luoghi determinati anche dall’effetto diga di infrastrutture in elevato come strade”.

“Se a questo – ha continuato il prof. Margiotta – aggiungiamo l’espandersi delle varie forme di insediamento antropico, il che genera un aumento delle superfici cementate scarsamente permeabili e l’abbandono della rete dei canali e degli inghiottitoi che un tempo, più o meno efficacemente consentivano lo smaltimento delle meteoriche, è evidente che vaste aree urbane e agricole sono esposte agli allagamenti”.

Concludendo, “in questo contesto è quanto mai urgente rivedere la rete dei canali valutandone l’efficienza anche in rapporto ai cambiamenti climatici in atto che impongono una rivisitazione delle sezioni e delle ubicazione degli stessi in funzione degli eventi di piena che si stanno verificando e delle mutate condizioni antropiche al contorno rispetto a quelle degli anni in cui sono state progettare e realizzate”.